Dopo aver pubblicato un album evolutivo come Seventh Son of a Seventh Son, caratterizzato dall’introduzione delle tastiere e da un metal più accessibile a tutti, dopo uno dei tour più scenografici e un video-live eccezionale come Maiden England, i Maiden si trovarono a dover affrontare l’esame dei profitti o delle perdite di fine stagione.
Harris non ha mai nascosto di aver puntato tutto su Seventh Son of a Seventh Son e il suo relativo tour per raggiungere il successo planetario. Insieme a Rod, si rese conto che, né a livello economico né a livello di successo, questo investimento li aveva soddisfatti. Gli esborsi erano volati alle stelle e il successo preventivato non aveva raggiunto i risultati sperati.
Harris decise quindi di ridurre drasticamente i costi, progettando di trasferire la band presso i Rolling Stones Mobile Studios per il nuovo album. Gli studi si trovavano proprio presso casa sua, in modo da poter ammortizzare i costi di registrazione. A suo dire, le comodità di un ambiente familiare avrebbero facilitato la creazione di nuove idee per l’album.
I Maiden stavano voltando pagina, imboccando un percorso alternativo. Se a livello economico posso essere d’accordo sulla necessità di ridurre i costi dopo un tale esborso, mi ha fatto storcere il naso la decisione di voler cambiare il sound, rendendo il nuovo prodotto più grezzo e metal nudo e crudo.
Dalle parole di Harris dell’epoca uscirono frasi come: “Basta con sfingi e iceberg. Vogliamo tornare a suonare con magliette e jeans come i vecchi tempi.”
Questo ipotetico dietro-front non fu particolarmente gradito da Smith, fermamente convinto di voler proseguire il percorso evolutivo intrapreso con Somewhere in Time e Seventh Son of a Seventh Son. Anche Dickinson si pronunciò criticamente riguardo alla decisione di registrare presso gli studi a casa di Harris. Ma il Boss non tornò indietro e convocò la band presso i suoi studi per cominciare i lavori.
Dopo breve tempo, Smith comunicò di essere fermamente convinto delle proprie idee e abbandonò la band. Le registrazioni proseguirono con il nuovo chitarrista Janick Gers e venne pubblicato il nuovo album dal titolo No Prayer for the Dying.
Senza cadere in critiche poco costruttive, posso affermare fermamente che questo album rimane uno dei meno amati dai fan. Poco ispirato, con suoni non paragonabili ad album come The Number of the Beast o Powerslave. Insomma, un album che non ha proseguito l’evoluzione dei prodotti precedenti e non è riuscito ad eguagliare i fasti del passato.
Diciamo una scelta molto discutibile.
Per ora è tutto. A presto, troopers! 🤘
Davide Miotto
Let’s stay in touch
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